Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso  ex  lege  dall'Avvocatura  generale
dello   Stato   C.F.   80224030587,    fax    06/96514000    e    pec
roma@mailcert.avvocaturastato.it  presso  i  cui   uffici   ex   lege
domicilia in Roma, via dei  Portoghesi  n.  12  nei  confronti  della
Regione Autonoma della Sardegna,  in  persona  del  Presidente  della
Giunta regionale pro tempore per la dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 6, della legge  regionale  Sardegna
n. 40 del 5 novembre 2018, recante  le  «Disposizioni  finanziarie  e
seconda variazione al bilancio 2018-2020.», pubblicata nel Bollettino
Ufficiale della Regione n. 50 dell'8 novembre 2018,  giusta  delibera
del Consiglio dei ministri in data 21 dicembre 2018. 
    1. La legge regionale della  Sardegna  n.  40/2018,  indicata  in
epigrafe, composta da 11 articoli, come esplicita lo  stesso  titolo,
detta le disposizioni finanziarie e la seconda variazione al bilancio
2018-2020. 
    In  particolare,  l'art.  6,  comma  6,  impugnato,  al  fine  di
omogeneizzare i trattamenti retributivi dei  dipendenti  dell'Agenzia
forestale per  lo  sviluppo  del  territorio  e  dell'ambiente  della
Sardegna con quelli del  personale  del  comparto  di  contrattazione
regionale, dispone, genericamente, senza distinguere tra  trattamenti
di natura fondamentale e/o accessoria, l'incremento delle risorse  da
destinare  alla  contrattazione  collettiva  relativa   al   triennio
2016-2018, in violazione degli articoli 3 e 117, comma 2, lettera l),
della Costituzione e ponendosi in contrasto con l'art. 23 del decreto
legislativo n.  75/2017,  che  impone  il  contenimento  del  salario
accessorio nei limiti di quello goduto nell'anno 2016. 
    Pertanto, e' avviso del Governo che, con la norma  denunciata  in
epigrafe, la Regione Autonoma della  Sardegna  abbia  ecceduto  dalla
propria competenza statutaria, la legge  costituzionale  26  febbraio
1943,  n.  3,  «Statuto  speciale  per  la  Sardegna»,  e  successive
integrazioni e modificazioni, in particolare,  l'art.  3,  comma,  1,
lettera a), in violazione della  normativa  costituzionale,  come  si
confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. L'art. 6,  comma  6,  della  legge  Regione  Autonoma  Sardegna  5
novembre 2018, n. 40, viola l'art. 3 e l'art. 117, comma  2,  lettera
l), della Costituzione in relazione all'art. 23, comma 2, del decreto
legislativo 25 maggio 2017, n. 75. 
    1. La norma  impugnata  contiene  disposizioni  relativamente  al
trattamento economico del personale  dell'Agenzia  forestale  per  lo
sviluppo del territorio e dell'ambiente  della  Sardegna  (FoReSTAS),
prevedendo, come gia'  detto  supra,  un  generico  incremento  delle
risorse da destinare alla contrattazione collettiva. 
    Secondo il costante  orientamento  giurisprudenziale,  a  seguito
della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego la  disciplina
del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione
e' retta dalle disposizioni del codice civile e dalla  contrattazione
collettiva. 
    In particolare, dall'art. 2, comma 3, terzo e quarto periodo  del
decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  -   norme   generali
sull'ordinamento  del  lavoro   alle   dipendenze   delle   pubbliche
amministrazioni - discende il principio che il trattamento  economico
dei dipendenti pubblici e' affidato ai contratti  collettivi  e  che,
pertanto, la disciplina di detto trattamento  e,  piu'  in  generale,
quella del  rapporto  di  impiego  pubblico,  rientra  nella  materia
«ordinamento civile» riservata alla  potesta'  legislativa  esclusiva
dello Stato (sentenze n. 160 e n. 72 del 2017; n. 211  e  n.  61  del
2014; n. 286 e n. 225 del 2013; n. 290 e n. 215 del 2012; n. 339 e n.
77 del 2011; n. 332 e n. 151 del 2010). 
    Ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del
2001 citato, per il personale delle regioni il rapporto di impiego e'
regolato  dalla  legge  dello  Stato  e,  in  virtu'  del  rinvio  da
quest'ultima  disposto,  dalla  contrattazione  collettiva,  con   la
conseguenza che la posizione dei  dipendenti  regionali  e'  attratta
nella normativa economico e giuridica  dei  dipendenti  pubblici.  Il
riparto di competenza normativa tra Stato e regione  cosi'  delineato
discende dal processo di privatizzazione  del  rapporto  di  pubblico
impiego, risultando le  competenze  regionali  assorbite  nell'ambito
dell'ordinamento civile di esclusiva competenza statale. 
    Dal richiamato orientamento della  giurisprudenza  costituzionale
discende che la materia «ordinamento civile», di  cui  all'art.  117,
comma 2, lettera l), della Costituzione, e' materia  trasversale  che
esclude la concorrenza di competenze e, quindi,  la  rilevanza  della
residua  competenza  regionale  in  punto   di   organizzazione.   Va
sottolineato  che  tale  conclusione  riguarda  anche  le   autonomie
speciali,  pur  a  fronte  di  esplicite   statuizioni   di   livello
costituzionale contenute negli statuti regionali speciali in tema  di
competenza legislativa primaria sullo «stato giuridico ed  economico»
del personale (sentenze n. 61/2014; n. 77/2013; n. 290/2012). 
    Pertanto, nonostante alla Regione  Autonoma  della  Sardegna  sia
attribuita la competenza legislativa di tipo primario in  materia  di
«ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della regione e
stato giuridico ed economico del personale», ai  sensi  dell'art.  3,
comma 1, lettera a), dello statuto speciale, approvato con  la  legge
costituzionale n. 3/1948 citata,  tale  competenza,  ai  sensi  della
richiamata norma statutaria, deve, comunque, attuarsi «in armonia con
la  Costituzione  e  i  principi  dell'ordinamento  giuridico   della
Repubblica e col  rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli
interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali  delle  riforme
economico-sociali della Repubblica.». 
    La  materia  relativa  al  trattamento  del  personale  regionale
risulta disciplinata dalla normativa statale e  dalla  contrattazione
collettiva  nazionale  e,  solo  se  esplicitamente  previsto   dalle
predette  fonti  statali,  e  nei  limiti  da  queste  previsti,  dai
contratti decentrati integrativi e dalla normativa regionale. 
    In particolare, quanto ai trattamenti  economici  accessori,  che
assumono particolare rilievo nella presente fattispecie, in relazione
alla norma impugnata, l'art. 45  del  decreto  legislativo  30  marzo
2001, n. 165 citato demanda alla contrattazione  collettiva  la  loro
definizione. 
    Va osservato che, se e' pur vero che alla  predetta  disposizione
si  connette  il  comma  3-bis  dell'art.  40  dello  stesso  decreto
legislativo n. 165/2001 citato, in cui si stabilisce che le pubbliche
amministrazioni   attivano   autonomi   livelli   di   contrattazione
integrativa, e' altrettanto vero che l'utilizzo delle risorse in sede
di contrattazione integrativa deve garantire il rispetto dei  vincoli
di bilancio e di quelli derivanti dall'applicazione  delle  norme  di
legge «con particolare riferimento alle disposizioni inderogabili che
incidono  sulla  misura  e  sulla  corresponsione   dei   trattamenti
accessori» (il comma 1 dell'art. 40-bis del  decreto  legislativo  n.
165 del 2001 citato). 
    In tale complesso rapporto di fonti e a fronte del limite imposto
all'aumento  delle  risorse  destinate   al   trattamento   economico
accessorio che non deve superare quanto stanziato per il 2016 in base
all'art. 23 del decreto legislativo n. 75/2017 citato, che  funge  da
norma interposta, la norma impugnata, proprio per la sua genericita',
nel non prevedere, quindi,  alcun  limite  allo  stanziamento  per  i
trattamenti accessori e, dunque, non richiamando i  limiti  a  questi
posti e previsti espressamente dalla normativa statale,  consente  di
introdurre attraverso gli «incrementi»  delle  risorse  da  destinare
alla  contrattazione  collettiva  ulteriori  o,  comunque,   maggiori
trattamenti accessori per il personale dell'Agenzia forestale per  lo
sviluppo del territorio e dell'ambiente della Sardegna (FoReSTAS), in
contrasto con il limite posto dall'art. 23 del decreto legislativo n.
75/2017 citato. 
    1.2. In particolare, l'art. 6, comma 6, impugnato prevede che «al
fine  di  omogeneizzare  i  trattamenti  retributivi  dei  dipendenti
dell'Agenzia forestale regionale per lo  sviluppo  del  territorio  e
dell'ambiente della Sardegna (FoReSTAS) con quelli  del  comparto  di
contrattazione regionale di cui all'art. 58 della legge regionale  n.
31/1998, le risorse  da  destinare  alla  contrattazione  integrativa
relativa al triennio 2016-2018,  stabilite  dall'art.  1,  comma  37,
della legge regionale n. 32/2016, sono incrementate, a decorrere  dal
2016, di euro 1.000.000». 
    Occorre precisare che la disposizione regionale de qua interviene
dopo  la  distinta  sottoscrizione  dei  CCRL  relativi  al  triennio
2016-2018  dei  dipendenti  dell'amministrazione,   enti,   istituti,
aziende e agenzie regionali, nonche' dei dipendenti di AREA ed  ENAS,
separatamente  certificati  dalla  Corte  dei  conti  -  sezione   di
controllo  per  la  Regione  Sardegna  -  e   prevede   la   generica
omogeneizzazione  dei  trattamenti  economici,  senza  recare  alcuna
distinzione tra quelli di natura  fondamentale  e  quelli  di  natura
accessoria. 
    La norma si pone, pertanto, anche sotto questo profilo specifico,
in contrasto con quanto previsto dall'art. 23 del decreto legislativo
n.  75/2017  citato,  che,  in  tema   di   «Salario   accessorio   e
sperimentazione»,  dispone  che  «...  al  fine  di   assicurare   la
semplificazione amministrativa,  la  valorizzazione  del  merito,  le
qualita' dei servizi e garantire adeguati livelli  di  efficienza  ed
economicita'  dell'azione  amministrativa,  assicurando  al  contempo
l'invarianza della spesa, a decorrere dal 1° gennaio 2017 l'ammontare
complessivo  delle  risorse  destinate  annualmente  al   trattamento
accessorio del personale, anche a livello dirigenziale,  di  ciascuna
delle amministrazioni pubbliche di  cui  all'art.  1,  comma  2,  del
decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.  165,  non  puo'  superare  il
corrispondente importo determinato per l'anno 2016...». 
    Nelle  relazioni,  illustrativa  e  tecnica,  al  citato  decreto
legislativo n. 75/2017, si precisa che sulla base di quanto  chiarito
in sede di intesa Stato-regioni, per quanto riguarda le  risorse  del
trattamento accessorio, occorre fare riferimento a quelle determinate
sulla base della normativa contrattuale vigente per  la  costituzione
dei fondi  per  la  CCDI,  fatta  salva  la  costituzione  dei  fondi
contrattuali adottati dalle regioni  e  dagli  organismi  strumentali
delle stesse, in conformita' alle legislazioni regionali vigenti alla
data di pubblicazione del decreto legislativo n. 75/2017 citato. 
    Nella relazione illustrativa, con  riferimento  all'art.  11  che
modifica l'art.  40  del  decreto  legislativo  n.  165/2001  citato,
espressamente si afferma che  «...  il  novellato  comma  3-quinquies
stabilisce che la  contrattazione  collettiva  nazionale  dispone  le
modalita' di utilizzo delle  risorse,  individuando  i  criteri  e  i
limiti finanziari entro i quali si deve  svolgere  la  contrattazione
integrativa.   Le   regioni,   per   quanto   concerne   le   proprie
amministrazioni,  e  gli  enti  locali  possono   destinare   risorse
aggiuntive alla contrattazione integrativa nei limiti stabiliti dalla
contrattazione nazionale e nei limiti dei  parametri  di  virtuosita'
fissati per la spesa di personale dalle vigenti disposizioni, in ogni
caso nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica e  di  analoghi
strumenti  del  contenimento  della  spesa.  Infine,   le   pubbliche
amministrazioni non possono  in  ogni  caso  sottoscrivere,  in  sede
decentrata  contratti  collettivi  integrativi  in  contratto  con  i
vincoli  e  con  i  limiti  risultanti   dai   contratti   collettivi
nazionali...». 
    Va  rilevato  anche  che,  in  sede  di  controllo,  in   analoga
fattispecie riferita alle modalita' di determinazione  delle  risorse
aggiuntive  per  la  contrattazione  collettiva,  la   giurisprudenza
contabile  ha  affermato  che:  «...  le   disposizioni   legislative
regionali, aventi ad oggetto lo stanziamento  di  risorse  aggiuntive
per la contrattazione  decentrata,  devono  essere  interpretate  nel
senso che la relativa applicabilita' presuppone un  esplicito  rinvio
alla normativa regionale da parte della legge  statale  (quale  fonte
abilitata  a  disciplinare  la  materia  rientrante  nell'ordinamento
civile). Conclusivamente la  regione  puo'  disporre,  con  legge  lo
stanziamento di risorse per  la  contrattazione  decentrata  solo  in
presenza di una  clausola  di  rinvio  statale,  ossia  a  fronte  di
puntuale  previsione  di  una   legge   dello   Stato   che   abiliti
espressamente il legislatore regionale  ad  intervenire»  (Corte  dei
conti, sez. Lombardia, n. 137/2013). 
    In  mancanza  di  tale  rinvio,  la  norma  regionale   impugnata
contrasta con l'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n.  75/2017
citato  -  che  detta  disposizioni  in  materia  di   contrattazione
integrativa che tutte le pubbliche amministrazioni devono  rispettare
- e confligge con  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),  della
Costituzione, che  riserva  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato
l'ordinamento civile; e  con  l'art.  3  della  Costituzione  per  la
disparita' di trattamento economico che ne deriva con riferimento  al
personale svolgente la medesima attivita' lavorativa, sia rispetto al
restante  personale  della  Regione  Autonoma  della  Sardegna,   sia
rispetto al personale delle altre regioni. 
    1.3. Alla luce delle suesposte considerazioni, deve ritenersi che
la norma di cui all'art. 6, comma 6, della legge regionale n. 40/2018
citata viola l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, che
riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e,
quindi, i rapporti di diritto privato regolabili  dal  codice  civile
(contratti  collettivi);  e  il  principio  di  uguaglianza   sancito
dall'art. 3 della Costituzione. 
    La norma contrasta, peraltro,  con  il  consolidato  orientamento
della giurisprudenza costituzionale, gia' richiamato, che ha ribadito
piu'  volte,  come  ricordato,  che  la  disciplina  del  trattamento
economico  dei  pubblici  dipendenti  e'  riservata  alla  competenza
legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile. 
    La norma impugnata, pertanto, confligge con il generale principio
secondo il quale il trattamento economico dei dipendenti pubblici, il
cui  rapporto  di  lavoro  e'  stato  «privatizzato»  e  deve  essere
disciplinato  dalla  contrattazione  collettiva.  Tale  principio  di
diritto  privato  -  fondato  sull'esigenza,  connessa  al   precetto
costituzionale  di  eguaglianza,  di  garantire   l'uniformita'   nel
territorio  nazionale  delle  regole  fondamentali  di  diritto   che
disciplinano i rapporti fra privati -  si  pone  quale  limite  anche
della potesta' legislativa esclusiva  che  lo  statuto  di  autonomia
speciale attribuisce alla  Regione  Sardegna  all'art.  3,  comma  1,
lettera a), dello statuto  di  autonomia  (sentenze  n.  95/2007;  n.
106/2005; n. 282/2004, sull'esigenza di uniformita' dei  rapporti  di
lavoro tra privati; sentenze n. 308/2006 e n. 314/2003, sul principio
della  regolazione  mediante  contratti  collettivi  del  trattamento
economico dei dipendenti pubblici privatizzati che  si  impone  anche
alle regioni a statuto speciale).